Grande attesa per la terza sessione plenaria del comitato eletto nel 2022. Dal meeting emergerà la nuova direzione che il partito vuole imprimere al paese
Riuscirà il Partito Comunista a salvare l’economia cinese colpita dalla tempesta? Se lo chiede l’Economist sul suo ultimo numero, sottolineando che questa è la domanda che si pongono investitori, analisti e uomini d’affari, ma anche i cinesi comuni. E se lo chiedono con crescente urgenza, poiché i settori che hanno alimentato il lungo boom economico del Paese sembrano sempre più vulnerabili , mentre crescono i dubbi crescono i dubbi sulla volontà dei governanti cinesi di progettare una risposta efficace. Quando il Comitato Centrale del partito, composto da 376 membri, si riunirà il 15 luglio, ci sarà l’occasione per i leader cinesi, sottolinea il prestigioso settimanale, di alleviare tali preoccupazioni. Sembra altrettanto probabile, però, che l’incontro non farà altro che evidenziare il divario tra la nobile retorica del partito e le sue azioni deludenti.
Il meeting proporrà la stessa simbologia di sempre, con uomini in grigio (oltre il 90% del comitato è di sesso maschile) che canteranno le lodi del partito, soffermandosi sullo “sviluppo di alta qualità” e sulle “nuove forze produttive”. A trarre poi le somme, sottolinea l’Economist, sarà un comunicato criptico accuratamente soppesato dall’apparato. Ma essendo il terzo plenum del comitato eletto nel 2022 ci si aspetta molto di più. Le terze sessioni plenarie hanno sempre avuto storicamente per Pechino grande importanza, perché stabiliscono la linea del partito sulle grandi questoni. Così accadde nel 1978, quando Deng Xiaoping inaugurò la stagione delle riforme o nel 1993 quando il terzo plenum consolidò l’obiettivo del partito di creare una “economia di mercato socialista”.
Il paese si trova in piena tempesta, una tempesta che ha travolto il settore immobiliare, un tempo pilastro del miracolo economico cinese, con i prezzi delle case che lo scorso maggio hanno subito il calo più consistente in assoluto in dieci anni. E un obiettivo di crescita del 5% difficile da raggiungere. La strategia finora è stata quella di puntare all’export, che con le barriere doganali sempre più alte è rischio e con gli investimenti nel manufatturiero, settore che però è in sofferenza a causa della domanda interna debole.
Il laeder Xi Jinping sta lavorando a trovare una soluzione, ma intanto sono molti i papaveri del partito che chiedono un sostanziale cambiamento, divisti tra chi sollecita riforme fiscali e chi norme certe per rassicurare gli imprenditori privati che generano il 60% del Pil.
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