Il summit del clima Cop28 a Dubai vede il sostegno finanziario da parte di Italia ed Emirati Arabi Uniti al Fondo Loss and Damage. I contributi, finalizzati a risarcire i Paesi più poveri a fronte dei danni ambientali, contano però una contropartita: l’estrazione di petrolio continuerà
di Mario Tosetti
La seconda giornata del summit del clima Cop28 si apre con l’annuncio dell’Italia e degli Emirati Arabi Uniti di donare ciascuno 100 milioni al Fondo Loss and Damage. Questo fondo intende supportare i Paesi più poveri e vulnerabili nel fronteggiare i danni ambientali dovuti al cambiamento climatico. L’annuncio è stato fatto rispettivamente dal premier italiano, Giorgia Meloni, e dagli Emirati che prevedono anche un investimento di 30 miliardi in un nuovo Fondo per il clima.
Tuttavia, pur in bilico tra questi contributi e le necessità di una transizione energetica, appare evidente una sorta di contropartita: la continua estrazione di petrolio. Sultan Al Jaber, il presidente della Cop28, ha sottolineato nel suo discorso che l’accesso all’energia per tutti, soprattutto considerando la domanda crescente, deve essere garantito in modo sostenibile.
A dispetto di questi sforzi, un rapporto del think tank Carbon Tracker evidenzia come vari Paesi petroliferi rischino di perdere più della metà dei loro guadagni derivanti dai combustibili fossili entro il 2040 e che l’industria petrolifera rimane un problema globale. Nel dettaglio, quaranta Paesi con un’elevata dipendenza economica dalle entrate del petrolio e del gas potrebbero veder calare i ricavi dai 17mila miliardi di dollari previsti in condizioni di business as usual a 9mila miliardi di dollari in una transizione coerente con la limitazione del riscaldamento globale a 1,8 gradi centigradi dal 2023 al 2040. Ma il peso dei combustibili fossili non è solo un problema dei petrol-stati. I nuovi dati dell’Ocse e dell’Aie (Agenzia internazionale dell’energia) mostrano che il costo fiscale del sostegno globale ai combustibili fossili in 82 economie è quasi raddoppiato arrivando a 1.481,3 miliardi di dollari nel 2022, rispetto a 769,5 miliardi di dollari nel 2021.
Tuttavia il riscaldamento globale, ha sottolineato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, sta causando danni economici considerevoli, tra cui l’aumento dei prezzi alimentari e la destabilizzazione dei mercati energetici. Questi temi sono stati discussi durante l’apertura del ‘World Climate Action Summit’. Un punto cruciale della discussione riguarda i sistemi alimentari. Il motivo risiede nel fatto che 134 leader mondiali hanno appoggiato la ‘Dichiarazione Cop28 degli Emirati Arabi Uniti sull’agricoltura sostenibile, sui sistemi alimentari resilienti e sull’azione per il clima’. In aggiunta, la FAO ha rilasciato un rapporto che evidenzia come il 40% dei Paesi registra perdite economiche in agricoltura direttamente correlate al cambiamento climatico. Il direttore generale della FAO, QU Dongyu, ha insistito sull’importanza dei finanziamenti per gestire queste perdite, enfatizzando l’adattamento degli agricoltori ai cambiamenti ambientali. Dongyu sottolinea però che le attuali sfide superano la loro capacità di adattamento. Infatti, il 35% dei piani d’azione per il clima menziona queste perdite, le quali vanno ad impattare comunità intere causando povertà e insicurezza alimentare. Il rapporto conclude che gli eventi meteorologici estremi sono la causa principale delle perdite economiche, con il 37% riferito al settore agricolo. Tra il 2007 e il 2022, le perdite agricole rappresentano il 23% dell’impatto totale dei disastri in tutti i settori. La siccità sola ha causato il 65% delle perdite nel settore agricolo, pari a 3,8 trilioni di dollari.
E’ intervenuta sul tema della sicurezza alimentare anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che ha voluto enfatizzare l’eccellenza nel settore agricolo nel contesto della politica estera italiana durante il suo discorso al vertice ‘Transforming Food Systems in the face of Climate Change’. “Il mondo che voglio vedere io è un mondo in cui il legame che ha unito la terra e l’umanità, il lavoro e la nutrizione nel corso dei millenni sia preservato e la ricerca sia in grado di aiutare a ottimizzare quel legame. Garantire colture resistenti alle malattie e resilienti ai cambiamenti climatici, ma anche ideare tecniche agricole sempre più moderne e innovative, in grado di migliorare sia la qualità che la quantità della produzione e ridurre le esternalità negative come l’eccessivo consumo di acqua. Questo è ciò in cui siamo impegnati”, ha detto.
Nel corso del suo intervento, ha anche menzionato il Piano Mattei, l’ambizioso progetto italiano per l’Africa con un focus significativo sull’agricoltura. Ha evidenziato l’importanza di sviluppare piante resistenti alle malattie, resilienti ai cambiamenti climatici e di progettare tecniche agricole avanzate, in grado di ottimizzare qualità e quantitativi di produzione e riducendo al contempo l’uso sproporzionato di acqua.
Meloni ha fatto riferimento al Fondo italiano per il clima, del valore di 4 miliardi di euro, il 70% dei quali sarà destinato ai Paesi africani, come esempio del loro impegno verso questi obiettivi. Nel frattempo in Italia, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato il disegno di legge che vieta la carne coltivata in laboratorio. Meloni sul punto ha commentato: “Il nostro impegno si estende alla sicurezza alimentare: la nostra sfida non è solo fornire cibo per tutti, ma garantire cibo sano per tutti. La ricerca è fondamentale, ma non per produrre alimenti in laboratorio che potrebbero creare uno scenario in cui i ricchi mangiano alimenti naturali, mentre i poveri si nutrono di prodotti sintetici, con conseguenze imprevedibili sulla salute pubblica. Questo non è il mondo che voglio vedere.”
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