Nessun retrofront per il governo contro le toghe, continuano a piovere accuse più o meno velate di interferenza dopo i casi Santanchè e Delmastro
di Corinna Pindaro
Continua lo scontro tra politica e magistratura, un braccio di ferro che è iniziato con le note anonime di Palazzo Chigi cui ha risposto il presidente dell’Anm, Santalucia, e a cui non sono tardate ad arrivare le repliche del governo.
Tra tutti è Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, quello che prende la parola dalle pagine del Messaggero. “Mi limito a dire che trovo singolare l’imputazione coatta di Delmastro. Il Gup non può diventare un nuovo Pm. Anche per questo come Forza Italia e come governo andremo avanti sulla riforma della separazione delle carriere che è uno dei pilastri storici del nostro programma fin dal 1994 ed era un sogno irrealizzato di Berlusconi”, ha fatto sapere Tajani sottolineando che a suo parere non si tratta di un attacco alla magistratura: “Il ministro Nordio è un magistrato, è evidente che nessuno cerca vendette contro i magistrati – risponde il ministro – il Parlamento fa le leggi, i magistrati le applicano”.
Ma non solo, Tajani anche in un’altra intervista rilasciata a Libero, ha ribadito che il governo non ha intenzione di fermarsi sulla riforma della giustizia.
“Prendiamo atto che l’Associazione nazionale dei magistrati esprime un giudizio contrario all’abolizione dell’abuso di ufficio. Bene. Sappiamo anche che ci sono centinaia di sindaci di ogni partito favorevoli all’abolizione di quel reato, che è ridicolo e paralizza le attività amministrative. La decisione spetta al potere legislativo, che è in capo al Parlamento. Il potere giudiziario non deve fare le leggi né interferire nella loro formazione: il suo compito e quello di applicarle ed amministrare la giustizia”, ha affermato il vicepremier.
La separazione delle carriere è fondamentale, e non per punire i magistrati – ha continuato- Le riforme della giustizia devono dare maggiore coerenza ed efficienza al sistema e sono sicuro che saranno bene accolte e sostenute da tutti quei magistrati che adempiono alla loro missione con equilibrio e autonomia. La separazione delle carriere è necessaria per avere un processo equilibrato, nel quale la pubblica accusa è sullo stesso piano della difesa e un giudice terzo decide. Se il giudice sino a poco tempo prima ha fatto il pubblico ministero e magari ha condiviso l’ufficio con il titolare dell’accusa, come fa il cittadino sotto processo a sentirsi garantito?”.
Dello stesso tenore le dichiarazioni rilasciate dal ministro per la Protezione Civile Musumeci, il quale in una intervista al “Messaggero” spiega che l’esecutivo non va allo scontro con i magistrati: “La tensione tra politica e una parte della magistratura è un tema antico e spesso ricorrente. Credo che questo esecutivo non abbia manifestato alcun interesse ad alimentare lo scontro, ha solo avanzato una legittima perplessità dettata dalla peculiarità degli ultimi fatti. Mi riferisco alle vicende Santanchè e Delmastro. Dopodiché, che all’interno del sindacato dei magistrati ci sia una componente politicizzata ben organizzata, che da tempo guarda con particolare livore al centrodestra e ai suoi rappresentanti, credo non sia una sorpresa”. C’è però chi vede il rischio di una dichiarazione di guerra da parte di alcune toghe: “Bisogna sempre avere fiducia nella magistratura, anche quando perde credibilità, come negli ultimi anni. Confidando che la parte migliore, quella che impronta la propria azione a spirito di responsabilità e imparzialità, come dovrebbe sempre far ogni magistrato, sia prevalente rispetto alla componente politicizzata. Che poi la passione del dibattito possa degenerare in polemica, è un fatto che bisognerebbe evitare da tutte e due le parti. Anche se in alcuni momenti la passione prevale”.
Nessun dietrofront, quindi, per il governo anzi si tratta di una vera e propria pioggia di accuse nei confronti della magistratura: accuse di interferenze, nonchè la mancanza di imparzialità. Le stesse accuse che il presidente dell’Anm aveva solo qualche ora prima definito “gravissime e inaccettabili”.
Di diverso avviso Giuseppe Conte. Per il leader del Movimento Cinque Stelle, lo scontro tra il governo e l’Anm sulla giustizia “è l’ennesima provocazione di un governo inadeguato e pericoloso”. Lo dice in un’intervista a Qn: “Le uscite complottiste dei giorni scorsi di Palazzo Chigi e Via Arenula, con cui Giorgia Meloni ha sfidato l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, sono la dimostrazione di quei tratti reazionari che questo esecutivo ha evidenziato sin dal primo decreto sul rave party. L’attacco alla magistratura per trovare un salvacondotto ai suoi ‘fratelli d’Italia’ Delmastro e Santanché – sottolinea – non è tollerabile”.
L’ex presidente del Consiglio critica aspramente la riforma: “Chiamiamola per quello che è: una controriforma, che non potrà soddisfare i cittadini che chiedono la riparazione delle ingiustizie subite. Il centrodestra persegue un disegno che compromette l’autonoma capacità investigativa e punitiva della magistratura.
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