Nei prossimi cinque anni andranno in pensione 2,7 milioni di lavoratori per il raggiungimento del requisito anagrafico. I nuovi lavoratori saranno 3,8 milioni considerata la stime di crescita economica. I dati emergono da uno studio di Cgia Mestre che analizza anche i settori che saranno maggiormente interessati dal ricambio del personale
di Carlo Longo
Sono 2,7 milioni le persone che andranno in pensione tra il 2023 e il 2027. Si tratta di circa il 71% del totale dei lavoratori, che introdurrà quindi una rotazione della forza lavoro. In totale i nuovi lavoratori dovrebbero essere 3,8 milioni, considerata la crescita economica stimata nei prossimi cinque anni. I dati emergono da uno studio di Cgia Mestre, in base a quanto rilevato a Unioncamere Anpal che sottolinea che nei prossimi 5 anni il 12% dei lavoratori raggiungerà i requisiti anagrafici dell’età pensionabile.
Dei 2,7 milioni di lavoratori che lasceranno il mercato del lavoro, sono 1,4 milioni i dipendenti del settore privato e 670 mila i dipendenti pubblici e lavoratori autonomi. Ad ogni modo, occorre rilevare l’incidenza della domanda sostitutiva sul totale del fabbisogno occupazionale in ciascuna delle tre posizioni professionali analizzate (dipendenti privati, dipendenti pubblici e indipendenti), il valore più elevato, pari al 91,6% del totale, riguarderà il pubblico impiego.
Guardando da vicino le filiere produttive in cui maggiormente ci sarà un ricambio dei lavoratori in primo luogo appare il settore della salute, a seguire attività immobiliari, noleggio/leasing, vigilanza/investigazione, gli altri servizi pubblici e privati (pulizia, giardinaggio e pubblica amministrazione che non include la sanità, l’assistenza sociale e l’istruzione) con 419.800 unità e, in particolar modo, il commercio e il turismo (484.500).
A fronte di questo ricambio dai dati rilvati da Cgia i settori che saranno maggiormente in difficoltà per carenza di personale pronto a sostituire i pensionati saranno la moda (91,9%), l’agroalimentare (93,4%) e, in particolar modo, il legno-arredo (93,5%). In questi settori il rischio è anche la mancanza di personale che dovrebbe sostituire maestranze di qualità e di elevata esperienza.
L’analisi è condotta anche su base regionale. Nel prossimo quinquennio l’incidenza percentuale della domanda sostitutiva sul fabbisogno occupazionale totale interesserà, in particolare, il Veneto (73,4%), il Molise (78,5%), il Piemonte/Valle d’Aosta (82%),l’Abruzzo (82,5%) e la Liguria (85,5%). La regione d’Italia più investita da questo fenomeno sarà la Basilicata (88,3%).
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