di Carlo Longo

La Camera dei deputati ha approvato la mozione di fiducia al governo presieduto da Giorgia Meloni con 235 voti favorevoli, 154 voti contrari e 5 astenuti. La premier prima del voto in aula ha tenuto un vero e proprio discorso programmatico di circa 70 minuti, iniziato con emozione e interrotto da numerosi applausi. “Non sarà una navigazione facile, per la gravosità delle scelte ma anche per un pregiudizio politico che colgo nelle analisi che ci riguardano. In parte giustificato: sono la prima donna, vengo da una storia politica relegata ai margini della Repubblica, e non arrivo qui fra le braccia di un contesto familiare favorevole o con amicizie importanti. Sono un underdog, come dicono gli inglesi, per riuscire devo stravolgere tutti i pronostici. Voglio farlo ancora”, ha sottolineato Giorgia Meloni.

La presidente del Consiglio, che ha esplicitamente chiesto di essere etichettata con l’articolo maschile, ha aperto il discorso con i ringraziamenti. Ha ringraziato Sergio Mattarella, il suo predecessore Mario Draghi del quale ha elogiato la rapidità e collaborazione nel passaggio delle consegne perchè “così dovrebbe essere sempre nelle grandi democrazie”, la coalizione di centrodestra capace di aver dato vita “ad un governo in uno dei lassi di tempo più brevi della storia”.

Giorgia Meloni, per la quale sin dal giorno dopo l’elezioni la parola che ripete più spesso è “responsabilità”, ha immediatamente affrontato “la responsabilità” che avverte per l’essere la prima donna a capo del governo in Italia e “nei confronti delle donne che affrontano difficoltà ingiuste per vedere apprezzato il loro talento. Ma anche a chi ha costruito con le assi del loro esempio la scala che ha consentito  a me e di salire e rompere il tetto di cristallo sopra le nostre teste”. A questo punto del suo discorso Giorgia Meloni ha letto un lungo elenco di nomi femminili, senza il cognome, in una maniera tale da rendere quasi difficile l’identificazione delle grandi donne citate quali, Maria Montessori piuttosto che Grazia Deledda, o ancora Nilde Iotti e Rita Levi Montalcini. A loro, seppur citate solo per nome, Meloni ha detto “grazie per avere dimostrato il valore delle donne italiane, come spero di riuscire a fare anche io”. Irrisolto, comunque, l’interrogativo del perchè il capo del governo quando ha citato grandi uomini vittime di mafia quali Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Piersanti Mattarella, Pino Puglisi, Carlo Alberto Dalla Chiesa abbia utilizzato il nome completo.

Giorgia Meloni ha proseguito sottolineando, come già fatto nei giorni scorsi, che il governo da lei guidato è un esecutivo politico pienamente rappresentativo della volontà popolare che punta a guidare il Paese per i prossimi cinque anni. “Non utilizzeremo il voto degli italiani per sostituire un sistema di potere con un altro. Se per farlo dovremo scontentare alcuni potenti non ci tireremo indietro, perchè il coraggio non ci difetta”, ha sottolineato la presidente del Consiglio.

Ancora, Meloni si è rivolta a quanti e in particolare alla ministra francese hanno affermato di voler vigilare sulla situazione italiana dopo l’avvento della Destra al governo. “Possono spendere meglio il loro tempo. Mancano di rispetto al popolo italiano che non ha lezioni da prendere”. Meloni, comunque, ha cercato di allontanare i dubbi: “L’ Italia è a pieno titolo parte dell’Occidente e del suo sistema di alleanze: è stato fondatore Ue, dell’alleanza Atlantica, parte del G7 e culla insieme alla Grecia della civiltà occidentale e del suo sistema di valori, libertà uguaglianza e democrazia, oltre che alle sue radici “classiche e giudaico-cristiane. Non sabotiamo l’istituzione europea, ma vogliamo contribuire a indirizzarla verso una maggiore efficacia nella risposta alle crisi e alle minacce esterne e verso un approccio più vicino ai cittadini e alle imprese. Ma l’Europa non ha soci di serie A e serie B. Serve un’integrazione più efficace nell’affrontare le grandi sfide. Dobbiamo essere uniti nella diversità”. Nessun posizionamento lontano dall’Europa o dalla Nato, dunque, “l’Italia sarà dentro le istituzioni Ue perché quello è il luogo in cui i farà sentire forte la sua voce”, ha sottolineato la premier.

Meloni nel suo discorso ha citato Montesquieu che diceva che “la libertà è quel bene che fa godere di ogni altro bene”. La libertà è definita “il fondamento di una vera società delle opportunità; è la libertà che deve guidare il nostro agire; libertà di essere, di fare, di produrre”. Ecco perché “un governo di centrodestra non limiterà mai le libertà esistenti di cittadini e imprese. Vedremo alla prova dei fatti, anche su diritti civili e aborto, chi mentiva e chi diceva la verità in campagna elettorale su quali fossero le nostre reali intenzioni”.

Giorgia Meloni ha, poi sottolineato che libertà e democrazia sono gli elementi distintivi della civiltà europea contemporanea nei quali “da sempre mi riconosco” . Pertanto “a dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso”, ha aggiunto ricordando che le leggi razziali del 1938 rappresentano “il punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre. I totalitarismi del ’900 hanno dilaniato l’intera Europa, non solo l’Italia, per più di mezzo secolo, in una successione di orrori che ha investito gran parte degli Stati europei”.

La guerra in Ucraina

A seguire Giorgia Meloni ha affrontato il tema della guerra in Ucraina. “Va il nostro sostegno al valoroso popolo ucraino che si oppone all’invasione della Fedeazione russa”, ha detto la leader di Fdi. Al suo fianco, hanno applaudito convinti i vicepremier, Matteo Salvini e Antonio Tajani. “Non possiamo accettare la guerra di aggressione, anche perché dobbiamo difendere il nostro interesse nazionale. Solo così potremo chiedere che gli oneri della crisi siano suddivisi. E’ quello che già facciamo, a partire dalla questione energetica. Cedere al ricatto di Putin non risolverebbe il problema”, ha evidenziato.

La crisi energetica

A proposito della crisi energetica Giorgia Meloni ha sollecitato una risposta  comune europea, “se non  si darà seguito agli annunci, la speculazione ritornerà”. Tuttavia, Meloni ha garantito la prosecuzione delle misure di “supporto per bollette e carburante, un impegno finanziario imponente che ci costringerà a rinviare provvedimenti che avremmo voluto adottare già in bilancio” oltre che citare tutte le risorse di approvvigionamento energetico presenti sul territorio italiano, sia di tipo tradizionale sia per quanto riguarda le rinnovabili. Un passaggio accolto con uno sguardo un po’ freddo da parte di Matteo Salvini, seduto al suo fianco. E che in mattinata aveva indicato tra le priorità il superamento della Legge Fornero, la flat tax, il ponte sullo Stretto, bandiere della Lega in campagna elettorale, ma che richiedono risorse ingenti.

La crisi economica

E a quel punto però, parlando di crisi energetica la premier non ha potuto fare a meno di riconoscere che viviamo nel “contesto più complicato dal secondo Dopoguerra ad oggi. Le previsioni economiche del 2023 parlano di un marcato rallentamento per Italia e  Europa”. L’ultimo aggiornamento del Def segna una crescita del Pil ferma allo 0,6 per cento, “per il Fondo monerario siamo a meno 0,1 per cento, cioè in recessione”. E questo, secondo la presidente, anche perché “negli ultimi dieci anni si sono succeduti governi deboli ed eterogenei, senza mandato popolare, incapaci di determinare una crescita duratura. Siamo nel pieno di una tempesta, la nostra imbarcazione ha subito diversi danni, gli italiani hanno consegnato a noi il compito di completare la traversata. Ma la nostra imbarcazione, con tutte le sue ammaccature rimane la nave più bella del mondo”. Dunque, Giorgia Meloni si dice “pronta  a fare quel che serve, a costo di non essere capita e di non essere rieletta. La strada non è la cieca austerità né gli avventurismi finanziari più o meno creativi. La strada è la crescita strutturale. Siamo aperti a investimenti esteri che porteranno sviluppo, know how. Finora, per colpa di un’instabilità politica che negli ultimi anni ha portato un governo ogni due anni, cambiando spesso maggioranza di riferimento, i provvedimenti di immediato consenso hanno avuto la meglio”.

La riforma costituzionale

Passando all’analisi degli interventi in concreto Meloni annuncia la volontà di procedere alla riforma costituzionale relativa alla forma di governo. Iootizza “un semipresidenzialismo in senso francese, ma siamo aperti anche ad altre soluzioni. Confrontiamoci con tutte le forze politiche in parlamento. Ma non rinunceremo a riformare l’Italia  se ci trovassimo di fronte opposizioni pregiudiziali”. Accanto al presidenzialismo, un riferimento al “processo virtuoso di autonomia differenziata, in un quadro di coesione nazionale” e a “maggiori poteri e risorse per Roma Capitale”.

La cancellazione del Rdc

Giorgia Meloni, come annunciato durante la campagna elettorale, ha annunciato la volontà di cancellare il reddito di cittadinanza. “La povertà non si combatte con l’assistenzialismo. Vogliamo mantenere e migliorare il sostegno economico per i soggetti fragili non in condizioni di lavorare o per chi è privo di reddito e ha figli minori., Ma per gli altri la soluzione non può essere il reddito di cittadinanza ma il lavoro, sfruttando le risorse del Fse. Il reddito di cittadinanza è una sconfitta per chi è in grado di fare la sua parte per l’Italia oltre che per se stesso e per la propria famiglia”.

Il sostegno alle famiglie

Al contempo, tra le misure assistenziali assicura un maggiore sostegno alle famiglie per combattere “la glaciazione demografica” fra cui l’aumento degli importi dell’assegno unico familiare, i mutui per le giovani coppie, asili nido gratuiti, incentivi all’occupazione femminile.

Il fisco

Per quanto riguarda, poi, il fisco Meloni ha annunciato un piano che “che poggerà su tre pilastri. Il primo, ridurre la pressione fiscale su imprese e famiglie attraverso una riforma all’insegna dell’equità: riforma dell’Irpef con progressiva introduzione del quoziente familiare ed estensione della tassa piatta per le partite Iva dagli attuali 65 mila euro a 100 mila euro di fatturato. E, accanto a questa, introduzione della tassa piatta sull’incremento di reddito rispetto al massimo raggiunto nel triennio precedente: una misura virtuosa, con limitato impatto per le casse dello Stato e che può essere un forte incentivo alla crescita”. Il secondo pilastro è “una tregua fiscale per consentire a cittadini e imprese (in particolare alle Pmi) in difficoltà di regolarizzare la propria posizione con il fisco. Il terzo: una serrata lotta all’evasione fiscale (a partire da evasori totali, grandi imprese e grandi frodi sull’Iva) accompagnata -ha concluso la premier- da una modifica dei criteri di valutazione dei risultati dell’Agenzia delle Entrate, che vogliamo ancorare agli importi effettivamente incassati e non alle semplici contestazioni, come incredibilmente avvenuto finora”.

L’immigrazione

Ancora, non poteva non essere affrontato il tema dell’immigrazione. Per Meloni da ora in poi “in Italia non si entra illegalmente ma attraverso i decreti flussi. Vogliamo fermare le partenze illegali. . Non mettiamo in discussione il diritto d’asilo da chi fugge da guerre e persecuzioni, ma la selezione non possono farla gli scafisti”. Meloni auspica un “nuovo piano Mattei” contro l’immigrazione clandestina, “la collaborazione fra istituzioni europee e africane, per fermare anche gli estremismi islamici”. 

La pandemia

Infine, in relazione al possibile nuovo aumento dei contagi da Covid la presidente del Consiglio ha assicurato. “Non replicheremo in alcun caso quel modello  -riferendosi al modello Speranza-. Informazione, prevenzione e responsabilizzazione sono più efficaci della repressione. Se si chiede responsabilità ai cittadini i primi a dimostrarla devono essere quelli che la chiedono. Serve chiarezza su quello che è accaduto durante la pandemia, quando qualcuno faceva affari milionari con la compravendita di mascherine e respiratori”.