Il premier “in pectore” lavora con riservatezza alla sua squadra alla ricerca di un difficile equilibrio da trovare in fretta. Ecco i nomi che filtrano, tra indiscrezioni e fughe di notizie
di Mario Tosetti
Con una storica vittoria alle spalle, Giorgia Meloni, con riservatezza (non sta facendo alcuna dichiarazione pubblica) ma con la determinazione che ha contraddistinto la campagna elettorale di maggior successo della destra italiana, si è calata nei panni del Presidente del Consiglio in pectore e in questa veste lavora alla costruzione del suo Governo. Solo ieri si è sentita con il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, “almeno 100 volte” (lo ha ammesso lui), e molto di meno con Matteo Salvini, ma i lavori procedono a spron battuto, perché di tempo da perdere non ne ha nessuno. Nomi, almeno ufficialmente, non ne hanno fatti. Ma dalle stanze dei bottoni qualcosa trapela, qualcosa si intuisce, mentre qualcosa già si sa. Allora vediamo di fare un sintesi di questa prima giornata del “toto ministri“, un gioco che ci accompagnerà da qui a quando la nuova squadra di Governo, guidata dalla prima premier donna che il nostro Paese abbia mai avuto, salirà sul Colle più alto per giurare fedeltà alla Costituzione.
Fratelli d’Italia ha il privilegio e l’onere di dover trovare un equilibrio per dare il suo imprintig “alto e credibile” al suo primo Governo, senza tuttavia mortificare un’alleato storicamente abilissimo nei giochi di potere (Forza Italia) e un’altro ferito dalla batosta elettorale appena subita. Il gioco delle nomine parte dalla conquista dei ministeri chiave: Economia, Esteri, Interni, Giustizia e Difesa.
Date le contingenze storiche nelle quali nasce il governo Meloni è chiaro che il ministero dell’Economia si presenta particolarmente delicato. Anche perché è fondamentale avere in questa casella una persona di alto profilo in termini di competenze, ma anche capace di instaurare un dialogo fruttuoso con Bruxelles, ma anche con la Germania e la Francia. Il candidato di cui molti parlano è Fabio Panetta, autorevole e rispettato membro del board della Banca Centrale Europea. Ma chi conosce le cose e sa di nomine spiega che Panetta sembra piuttosto che ambisca al ruolo di Governatore della Banca d’Italia, da prendere tra circa un anno, cioè alla scadenza del mandato di Ignazio Visco, attuale Governatore. Il candidato più forte per diventare Ministro dell’Economia appare dunque essere Domenico Siniscalco, che tale incarico ha già ricoperto nel 2005, tra il secondo e il terzo governo Berlusconi. Siniscalco è un banchiere competente, dotato dell’autorevolezza necessaria al ruolo e anche di quella credibilità internazionale che molto lo aiuterebbe a gestire in sede comunitaria le difficili pratiche che l’Italia dovrà affrontare nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
Anche gli esteri sono una poltrona ambitissima e strategica. Il nome di Antonio Tajani circola con insistenza per la Farnesina. Il numero due degli azzurri in proposito non ha mai nascosto di ambire alla carica rivendicando la sua esperienza europea e il suo profilo moderato, europeista e atlantista che potrebbe tornare utile a Fdi. Antagonista agli Esteri di Tajani potrebbe però essere l’ambasciatore Stefano Pontecorvo. Anche in questo caso però pare che il candidato più forte sia un altro. Il nome più probabile che si fa sarebbe quello di un’altra donna, vale a dire Elisabetta Belloni, l’Ambasciatrice, oggi Direttore generale del DIS (il Sistema d’informazione per la Sicurezza della Repubblica), che era stata anche in corsa durante l’ultima elezione per la Presidenza della Repubblica.
I delicati equilibri che il centrodestra dovrà trovare si misureranno, anzitutto, intorno alla carica di ministro dell’Interno. Il leader leghista, Matteo Salvini, non ha mai fatto mistero della volontà di tornare al Viminale. Eppure, sembra proprio che il desiderio di Salvini rimarrà inesaudito. Più probabile il nome del prefetto di Roma, Matteo Piatedosi, che è stato a capo di gabinetto proprio del ministero guidato dal leader del Carroccio nel governo giallo-verde. Uno a cui difficilmente Salvini potrebbe opporsi. Per questa dicastero, che potrebbe essere oggetto della discordia tra i fratelli italiani e i leghisti, una nome autorevole di riserva potrebbe essere quello di Guido Crosetto, da sempre vicinissimo, come è noto, a Meloni.
Altro ministero, difficile e ambito, è quello della Giustizia per cui si pensa all’ex magistrato di Fdi, Carlo Nordio, anche se Berlusconi e Salvini pare spingano per l’avvocato Giulia Buongiorno, rieletta con la Lega. In proposito c’è chi avanza una risoluzione pacifica alla contesa, immaginando che la nota penalista possa tornare alla Pubblica Amministrazione nello stesso ruolo che ha rivestito durante il Conte 1. Per le Riforme costituzionali è sempre sul tavolo l’ex presidente del Senato, Marcello Pera, neo-eletto a palazzo Madama dopo la chiamata della Meloni, che lo vorrebbe autore della delicata riforma in chiave semi-presidenzialista della Repubblica. Il suo nome viene fatto anche per il Ministero della Cultura, magari con Vittori Sgarbi come sottosegretario, qualora il Cavaliere dovesse decidere di ripescare in qualche modo il critico, uscito sconfitto a Bologna nel derby con Pierferdinando Casini.
Secondo alcune indiscrezioni un ruolo all’interno dell’esecutivo sarà certamente riservato all’attuale presidente del Copasir, Adolfo Urso, e probabilmente le infrastrutture se non i beni culturali saranno affidati a Fabio Rampelli. Si ritiene, invece, che la guida della Difesa tornerà, come nel 2008 con Berlusconi, a Ignazio La Russa, braccio destro della futura presidente del Consiglio, salvo che non sia nominato sottosegretario al presidente del Consiglio. Nel pacchetto dei fedelissimi di Meloni, quindi tra i probabili ministri, figura anche Maurizio Leo che dovrebbe andare al Bilancio.
Per il ministero della Salute circola il nome della senatrice di Forza Italia, Licia Ronzulli. Alessandro Cattaneo, attuale responsabile dei Dipartimenti del partito forzista, si ritiene che possa essere chiamato a svolgere il ruolo di viceministro allo Sviluppo economico. Circola anche il nome del sottosegretario uscente alla Difesa, Giorgio Mulè, dato papabile ancora alla Difesa o al Sud. Anna Maria Bernini, già ministro per le Politiche dell’Unione Europea, sembra ambire a rinnovare la carica come titolare degli Affari europei.
Certamente nell’esecutivo guidato dalla Meloni un ruolo di spicco sarà riservato all’europarlamentare Raffaele Fitto, al senatore Giovanbattista Fazzolari, capo del centro studi di FdI e “uomo delle idee” e a Francesco Lollobrigida, capogruppo uscente di Fratelli d’Italia alla Camera al quale pare verranno riservate le Infrastrutture o la Mobilità Sostenibile. Un ruolo certamente centralissimo sarà, in ogni caso affidato a Guido Crosetto. Rimasto ancora una volta per sua scelta fuori dalle liste, Crosetto avrebbe davanti a sé due destinazioni: come abbiamo detto potrebbe fare il ministero della Difesa oppure andare o Palazzo Chigi, con i galloni di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Di Crosetto si parla anche per il Ministero dello Sviluppo Economico, anche questo un dicastero da vedere in rapporto con un altro leghista, vale a dire Giancarlo Giorgetti
Per quanto riguarda il leader della Lega, Matteo Salvini, è certo che non si lascerà mettere ai margini del nuovo governo e che, anche se a malincuore, sarà costretto a rinunciare al Viminale pretenderà che ci sia una casella per lui. Al Carroccio inoltre non basterà il dicastero dell’Agricoltura, che Meloni sarebbe propensa a concedere e si pensa che in quota Lega potrà essere attribuito il ministero della Disabilità.
Per Berlusconi sembra ormai certamente accantonata la possibilità di diventare la seconda carica dello Stato. Alla guida di Palazzo Madama, invece, si ritiene come probabile il leghista Roberto Calderoli, già vicepresidente e tra i maggiori conoscitori dei regolamenti del Senato. Con Calderoli al Senato, a Montecitorio, a raccogliere il testimone da Roberto Fico potrebbe essere un azzurro come il coordinatore nazionale Antonio Tajani, qualora non andasse alla Farnesina. Tuttavia, c’è anche chi non esclude che il governo Meloni opti per una politica inclusiva e decida di attribuire il ruolo di presidente della Camera ad un esponente del Pd o dei Cinque Stelle.
C’è poi il tema delle donne e dei rappresentati delle società civile. Competenza e parità di genere sono due temi molto cari al futuro Premier. Tra le donne come facce nuove potrebbero avere un ruolo di ministro o vice ministro Simona Dalla Chiesa di Forza Italia, eletta a Bari, e Wanda Ferro, eletta a Catanzaro. Il Governo nascente infatti non può non dimenticare che il Sud del Paese è in mano ai 5 Stelli per circa il 40% e quindi presidiarlo bene. L’università e il mondo delle imprese è invece il bacino al quale Meloni guarda per pescare volti nuovi ma di indiscutibile competenza. Tra questi spicca il professore di Diritto Privato Attilio Zimatore, che nella Luiss è anche Consigliere d’Amministrazione, e il Presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. Tornando alle donne, certamente non come volto nuovo, ma sempre pasionaria è Daniela Santanché che potrebbe riscuote il merito di avere battuto a Cremona Carlo Cottarelli. Donna e molto competente è anche Antonella Baldino, attuale Chief International Finance Officer di Cassa depositi e prestiti (Cdp). Si fa il suo nome come possibile Vice ministro all’Economia.
Certo è che, considerata la larghissima maggioranza su cui conta Fdi, il Quirinale auspicherà che le operazioni per la formazione del nuovo governo siano compiute in tempi brevi. Probabilmente già il 17 o il 18 ottobre, subito dopo la prima convocazione del Parlamento prevista il 13 ottobre. Vedremo. Questa è ancora la puntata iniziale di un film che sarà forse rapido, perché il tempo stringe, ma che allo steso tempo sarà intenso e teso. Un film che apre e chiude storie diverse. Da un alto l’ascesa al potere, per la prima volta, di una giovane donna leader del partito che è lo storico erede della destra italiana. Dall’altro il declino di un movimento, la Lega, precipitato in basso nel consenso elettorale e nel percepito pubblico, e la resistenza di un partito, Forza Italia, che soltanto grazie alla verve straordinaria del suo fondatore é riuscito a restare a galla.
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