Non è un’operazione facile cambiare un candidato già in corsa. Ma in molti tra i dem ci stanno pensando e alcuni stanno già lavorando su varie ipotesi
Dopo il disastroso duetto in tv con Donald Trump, sono in molti tra gli esponenti democratici di maggior spicco a cominciare a pensare seriamente di sostituire Joe Biden nella corsa alla Casa Bianca. Tecnicamente si può. Le regole del Comitato nazionale del partito prevedono infatti la possibilità che durante la convention un candidato si ritiri e al suo posto ne venga nominato un altro. Una operazione certo non facile e anche ad alto rischio. Biden alle primarie è riuscito a conquistarsi il 95% dei 4 mila delegati che si sono impegnati a sostenerlo. Sicuramente non tutti di loro sarebbero pronti a negargli la nomination, anche con il suo stesso consenso, e a dirottare il proprio supporto verso qualcun altro scelto all’ultimo momento.
Ma chi? Il candidato sostituto dovrebbe essere senza macchia e senza peccato e avere un tale carisma da coagulare su di sé il consenso della stragrande maggioranza dei grandi elettori. Nomi di papabili, comunque, circolano da settimane. Ma tra tutti campeggia quello di Michelle Obama. A rivelare già alcuni mesi fa che i democratici stavano concretamente lavorando ad una sua possibile discesa in campo è stato proprio il direttore di Associated Medias Guido Talarico, che ne aveva avuto conferma da fonti d’alto livello del partito in seno al Congresso. L’ex first lady è seguitissima sui social, piace, ed è da sempre considerata un grosso pericolo dai repubblicani che con Trump certo non stanno messi bene neanche loro.
Altri candidati possibili sono Kamala Harris, la numero 2 di Biden, tenuta forzatamente nell’ombra per non peggiorare l’immagine già a pezzi del presidente e per questo ora poco spendibile, e alcuni governatori particolarmente in gamba, come quello della California, Gavin Newsom, brillante e competitivo; quella del Michigan, Gretchen Whitmer, sensibile ai temi dei diritti e alla questione dell’aborto, dell’Illinois, l’intraprendente J.B. Pritzker. E ancora il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro (di origine ebraica) e del Maryland, Wes Moore.
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