Il Whashington Post ha raccontato la storia della tragica fine dei neonati nati prematuri abbandonati nell’ospedale al-Nasr
di Mario Tosetti
Si svolge sul terreno di un ospedale pediatrico, al-Nasr, situato nel cuore di Gaza, una storia di scelte strazianti, raccolta e riportata dal Washington Post. Concetti di vita e morte sono rimodellati dal conflitto acuto che domina la scena a seguito degli attacchi del 7 ottobre. La storia ci parla di quattro piccole vite, fragili, che hanno cessato di esistere a causa dell’abbandono in un ospedale circondato da esplosioni.
Il mese precedente, l’ospedale pediatrico al-Nasr era diventato un bersaglio dei bombardamenti. Secondo quanto riportato dal quotidiano statunitense, le forniture di ossigeno erano state interrotte a causa degli attacchi degli aerei la giornata precedente. Gli ospedali erano circondati dai carri armati e le Forze di Difesa Israeliane invitavano a evacuare. Durante questo caos, nel reparto di rianimazione, cinque vite fragili nate prematuramente combattevano con la loro debole esistenza senza la presenza dei loro genitori, smarriti in qualche parte del campo di battaglia. Sporadicamente potevano ricevere delle dosi di farmaci e di ossigeno, data la mancanza di attrezzature portatili, come respiratori e incubatrici, per poterli spostare. Senza il supporto vitale, la sola opzione dell’evacuazione rappresentava una condanna a morte certa.
Davanti al pericolo imminente, un infermiere palestinese, collaboratore di Medici Senza Frontiere, è stato costretto a fare una scelta heart-rending. Dopo un doloroso compromesso, ha deciso di dare la precedenza al piccolo più resiliente, ritenuto più capace di tollerare l’interruzione temporanea dell’ossigeno. Gli altri quattro, lasciati collegati ai macchinari di sopravvivenza, sono stati abbandonati all’interno dell’ospedale mentre l’infermiere insieme ai suoi cari cercava un riparo. L’infermiere ha raccontato la sua tormentata scelta, paragonandola all’abbandono dei propri figli, sottolineando che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riuscire a salvarli tutti, ma il tentativo avrebbe rappresentato per loro una morte certa.
Dopo una pausa temporanea del conflitto, un giornalista locale è riuscito a penetrare nell’ospedale. In quella che una volta era l’unità di terapia intensiva neonatale, Mohammed Balousha ha scoperto una scena agghiacciante. I corpi dei quattro bambini abbandonati erano ormai in avanzato stato di decomposizione. Il marciume, i vermi, la muffa!
Su questa tragedia si accendono diverse polemiche. Di fronte alle rassicurazioni infondate riguardo l’arrivo delle ambulanze per soccorrere i pazienti sia da al-Rantisi che da al-Nasr, emerge un’ombra oscura che solleva seri dubbi sulle comunicazioni del periodo. Il funzionario del centro oncologico pediatrico attiguo, al-Rantisi, richiede ai mezzi del Coordinatore delle attività governative nei Territori (COGAT), un’entità del Ministero della Difesa israeliano, di assistere i pazienti. A questo punto, le argomentazioni divergono; la portavoce del COGAT, Shani Sasson, insiste sul fatto che le forze israeliane non hanno mai dato nessuna istruzione all’ospedale per evacuare, e che non hanno mai operato attivamente per intervenire.
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa, interpellato sulla questione, ha affermato di non aver rilasciato alcuna garanzia e di non essere riuscito a raggiungere l’ospedale. Una versione contrastante con quella dichiarata dal portavoce dell’IDF, Doron Spielman, che nega l’esistenza dei corpi dei neonati con assertività. Mentre l’emittente Al-Mashhad ha mostrato servizi su questi eventi, i dettagli più macabri sono stati omessi e i resti dei bambini sono stati offuscati per sensibilità.
Ciò che impossibile negare è l’orrore di tale tragedia. Le prove si presentano sotto forma di video registrati all’interno dell’unità di terapia intensiva neonatale di al-Nasr, rispecchiando le immagini di prima della guerra. Le prove, che restano ancora attaccate ai respiratori, raffigurano l’immagine di corpicini ridotti a semplici mucchi di carne decomposta. L’orrore è la cruda realtà della guerra, un prezzo da pagare sproporzionatamente gravoso che tocca i più piccoli e indifesi di noi.