La visita di Blinken suggella l’appoggio degli Usa ad Israele. Al segretario americano sono state mostrate le immagini dei crimini commessi dai miliziani e ha paragonato l’attacco di Hamas a dieci 11 settembre in proporzione alla popolazizone di Israele. Nel frattempo Gaza è al buio e senza cibo nè acqua, mentre Hamas rifiuta di aprire i corridoi umanitari
di Emilia Morelli
E’ giunto al sesto giorno il sanguinoso conflitto tra Hamas e Israele. Quest’ultimo continua a preparare l’attacco via terra mentre si susseguono i raid aerei. Nei villaggi del nord della Striscia Israele ha fatto piovere volantini in cui si invita la popolazione ad abbandonare le case. “Gaza non sarà più la stessa” ha ammonito il capo di stato maggiore Herzl Halevi. E non è difficile credergli.
La pioggia di bombardamenti è incessante, l’esercito israeliano ha annunciato di aver bombardato Gaza con 6 mila bombe per un totale di 4 mila tonnellate di esplosivo. Ma non solo, Israele non è disponibile a ripristinare le forniture a Gaza di acqua e cibo contribuendo ad accrescere il pericolo di una vera e propria emergenza umanitaria.
“Non sarà fornita elettricità, né acqua, né entreranno camion di benzina (a Gaza) finchè gli ostaggi israeliani non torneranno a casa. Umanitarismo per umanitarismo. E nessuno – ha aggiunto – ci può fare prediche sulla moralità”.”: lo ha detto il ministro dell’Energia israeliano, Israel Katz.
Hamas dal canto suo ha escluso ogni possibilità che sia aperto un corridoio umanitario che consenta di mettere in salvo i civili a Gaza. La giustificazione data dal gruppo paramilitare appare paradossale ed equivoca: “costringerebbe il popolo palestinese ad abbandonare la propria patria e implicherebbe un nuovo esodo e la ricerca di rifugi”, ha detto una fonte. Eppure sono già oltre 300.000 i palestinesi che pur avendo abbandonato le loro case sono intrappolati nella Striscia esposti inermi alla furia di Israele. Hamas non è quindi pronto a cedere di un centimetro a fronte di un attacco che pianificava da due anni. A sottolinearlo è stato un dirigente del movimento, Ali Baraka, in una intervista a Russia Today. Baraka ha aggiunto che anche i “paesi alleati”, vale a dire Iran e Qatar, sono stati informati ad attacco avvenuto.
Dal punti di vista diplomatico oggi è avvenuto l’incontro tra il segretario americano Anthony Blinken e il premier israeliano Benjamin Netanyahu. L’incontro sembra aver suggellato il pieno appoggio degli Stati Uniti. Al segretario americano sono state mostrate le immagini di alcuni crimini commessi da Hamas e il commento lascia poco spazio ad interpretazioni. “È difficile trovare le parole giuste. È al di là di ciò che si potrebbe anche solo immaginare”, ha detto Blinken, stendendo un velo pietoso su ciò su cui si sono posati i suoi occhi: “Il corpo di un bebè crivellato di colpi. Soldati decapitati. Giovani bruciati vivi nelle loro macchine. Potrei andare avanti, ma è semplicemente la depravazione al suo stato più inimmaginabile”. Quanto visto “mi ha riportato alla memoria la violenza dell’Isis”, ha detto Blinken, la cui memoria dei peggiori attacchi terroristici dell’epoca contemporanea è corsa poi ancor più indietro, al giorno che precipitò all’inizio del secolo gli Usa in un’altra epoca: “Questo attacco di Hamas vale come dieci 11 settembre se si considera il numero della popolazione di Israele”.
La Nato, poi, ha fatto sapere di essere accanto ad Israele ma al contempo ha chiesto proporzionalità nella reazione di Tel Aviv. Il timore è che un’invasione di Gaza possa avere conseguenze devastanti sia sui civili che sulle ripercussioni nella regione. “E’ importante proteggere i civili”, ha affermato Stoltenberg al termine della ministeriale Difesa, sottolineando come molti membri dell’Alleanza abbiano espresso chiaramente la “questione della proporzionalità”.
Nel frattempo, dopo giorni di silenzio, ha parlato il leader dell’Autorità palestinese Abu Mazen chiedendo la fine dell’occupazione da parte dei coloni e il ripristino della pace e condanna l’omicidio di civili da entrambe le parti.
Come prevedibile il conflitto in Medio-Oriente sta avendo ripercussioni dirette sul prezzo del gas che è nuovamente in rialzo: ad Amsterdam chiude a 53 euro per megawattore (+15%). Israele ha chiuso per motivi di sicurezza l’impianto di estrazione di Tamar.
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