L’epilogo del Terzo Polo si connota di insulti, che arrivano a richiami alle vicende di carattere giudiziario da parte di Carlo Calenda. Renzi si difende e si scusa. Resta da vedere cosa accadrà ai gruppi unici
di Mario Tosetti
Il Terzo Polo non si farà più e il leader di Azione, Carlo Calenda, sembra essere su tutte le furie a causa di alcune interviste rilasciate dai renziani: prima tra tutte quella del senatore Francesco Bonifazi, tesoriere di Italia Viva dal titolo “Sempre in tv e mai in Parlamento. Carlo è strutturalmente inaffidabile”.
E allora Calenda ci và giù pesante e via di post su Facebook che non solo toccano il divorzio politico ma costituiscono vere e proprie illazioni di carattere giudiziario. “Nella vita professionale non ho mai ricevuto avvisi di garanzia/rinvii a giudizio/condanne pur avendo ruoli di responsabilità. Non ho accettato soldi a titolo personale da nessuno, tanto meno da dittatori e autocrati stranieri. Non ho preso finanziamenti per il partito da speculatori stranieri e intrallazzatori. Non ho mai incontrato un magistrato se non per ragioni di servizio. Mai sono entrato nelle lottizzazioni del Csm”, ha scritto Carlo Calenda.
La replica di Renzi
La replica di Renzi arriva attraverso il suo E-News. Il tono è scontato, tipico di chi aveva un sogno e lo ha visto infrangersi. Inizia con il “chiedere scusa a tutti gli amici che credono nel riformismo e nel Terzo Polo per l’indecoroso spettacolo di questa settimana”.
Il leader di Italia Viva si dice amareggiato, in quanto ha tentato ogni via per evitare questo epilogo. “Penso che chi ha avuto responsabilità in questo fallimento debba chiedere scusa. E io lo faccio – per la mia quota parte – con la consapevolezza che ho fatto di tutto fino all’ultimo per evitare il patatrac. Questo è il mio appello di giovedì mattina. Questo era il documento proposto da IV per evitare la rottura. Non è bastato”, ha detto Matteo Renzi.
Per quanto riguarda le accuse Renzi paragona le parole di Calenda a quelle dei grillini ma aggiunge: ” Se sono un mostro oggi, lo ero anche sei mesi fa quando c’era bisogno del simbolo di Italia Viva per presentare le liste. Se sono un mostro oggi, lo ero anche quando ho sostenuto Calenda come leader del Terzo Polo, come sindaco di Roma, come membro del Parlamento europeo. O addirittura quando l’ho nominato viceministro, ambasciatore, ministro. Sul mio essere considerato un mostro, ho scritto un libro. Per chi vuole è qui.Le cose che ho scritto sono talmente vere che dopo un anno non ho ricevuto neanche una querela per diffamazione.Sul garantismo di chi paragona un avviso di garanzia a una condanna non ho nulla da aggiungere. Sull’arte politica di chi distrugge un progetto comune per la propria ira non ho nulla da aggiungere. Sulla serietà di chi attacca le persone per non confrontarsi sulle idee non ho nulla da aggiungere”.
Le prospettive future
Quando l’epilogo era già chiaro Calenda e Renzi si erano detti a favore del mantenimento dei gruppi unici, anche per mantenere i cospicui finanziamenti riservati ai gruppi che ammontano a circa 50 mila euro l’anno a eletto. Alla Camera (9 renziani e 12 calendiani) servirebbero 20 teste ma la divisione è eventualmente possibile tramite una deroga del presidente dell’Aula Lorenzo Fontana, che la ha già concessa a Sinistra italiana e Noi moderati. In Senato (5 renziani e 4 calendiani) servono solo 6 teste e sembra che alcuni senatori siano già stati attenzionati da Renzi per raggiungere il quorum (si fa il nome di Dafne Musolino di Sud chiama Nord). Al simbolo, però, con cui sono stati assegnati i seggi può derogare solo il presidente del senato Ignazio La Russa. In soccorso può venire il rapporto personale che lega La Russa e Renzi, nonostante le distanze politiche.
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