Le 184 ore di Agnes? che ci hanno traumatizzato. Con questa mostra, l’artista crea non opere, ma concetti di vita. Lacera e frattura il consueto
di Ludovica Rosi
Cara Agnes?,
Ti osservo, e cerco di capire. Ti guardo e mi batte il cuore, ad ogni tuo movimento, ad ogni tuo suono. La musica che si ripete, le persone che entrano, quelle che escono, quelle che rimangono. Ti riguardo, e ti riammiro. É un ciclo continuo, tutti i giorni. L’energia che sprigioni con i tuoi respiri si divulga in tutto lo spazio, il dolore penetra tutti i corpi, la tua forza colpisce tutte le anime. Poi mi guardi, ed io ti riguardo. Vedo nei tuoi occhi sofferenza, e spero che tu veda nei miei fiducia. Ricomincia la musica. Ricomincia il tuo dolore, il tuo mal di schiena, e la tua forza. Davanti a me ci sei tu, una forza misteriosa, che vive insicura all’interno di un corpo in cui non si riconosce e che trasformandosi, lascia sentire trasformata anche me.
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Dopo due anni, Agnes? torna a Londra con “Transgenesis”, un’esibizione curata da “The Orange Garden” e Charlie Mills in collaborazione con Harlesden High Street.
Il mare è stato sempre interpretato nell’immaginario collettivo, come una grande distesa d’acqua, un territorio spesso inaccessibile, contrapposto al mondo terreno, che ha sempre stimolato la fantasia dell’uomo e suscitato un grande interesse.
Plinio il Vecchio nel I sec. d.C., affermava che il mare avesse un’identità autonoma ma corrispondente rispetto alla terra: “nel mare, che si estende per così vasti spazi e che offre un nutrimento molle e ricco di sostanze si trovano anche parecchi esseri mostruosi al momento che i semi e i principi generativi si intrecciano confusamente e generano degli agglomerati, avvolgendosi tra di loro secondo forme infinitamente diverse, ora per effetto dei soffi d’aria ora dei movimenti delle acque, cosicché diventa vera l’opinione comune secondo cui qualsiasi cosa nasca, si trova anche in mare”.
Spesso il mondo acquatico ha costituito una forma di vita alternativa per l’uomo in un mondo tanto sconosciuto, quanto affascinante, tanto è vero che la letteratura come l’arte, nel tempo hanno creato figure antropomorfe che si sono adattate alla vita negli abissi marini, determinando una profonda trasformazione.
Lasciare il mondo terrestre per il mare, è come cambiare in un certo senso la propria vita, trasformarla radicalmente. Anche Agnes? ha voluto abbandonare il mondo umano per immergersi in questo mondo marino nella forma zoomorfa di un polpo, attuando una forte metamorfosi collegata ad una rinascita radicale. L’artista è cresciuta in mare, suo padre era un marinaio, e lei identifica il mondo acquatico come un guscio protettivo nel quale immergersi e rifugiarsi, fluttuando verso una nuova dimensione. Mi diceva sempre che, “il mare rappresenta il movimento stesso della vita”.
“Transgenesis” è l’occasione per disvelare questo suo nuovo stato, questa rivoluzione interiore ed esteriore. Immergendosi nell’ambiente marino, ricco di vegetazione colorata, Agnes? si affida ad un nuovo utero, che la rigenera in forma diversa attuando un’alterazione, una modificazione genetica. Con una performance di 184 ore totali, suddivisa in otto ore al giorno per 23 giorni consecutivi, Agnes?, si afferma essere la testimone della tesi che un corpo è un potenziale che può diventare tutto, e che il futuro degli esseri umani è quello della mutazione e dell’alterazione. La sua è una prova di forza, di resistenza, una sfida con il suo corpo e con lo spettatore che si ferma a contemplarla.
Lo spazio dove prendono forma i suoi esperimenti è sensuale, oscuro, freddo, è “l’estensione del mio corpo” dice l’artista. L’entrata è una ferita, attraverso cui penetriamo il corpo vivo di questa creatura.
I feti in cera all’interno dell’utero rappresentano le radici della vita. Gli organismi l’evoluzione; loro vivono in simbiosi con dei corpi sconosciuti che danzano liberi all’interno del loro habitat sicuro, producendo suoni che diventano musica, muovendosi scomposti secondo meccanismi corporei che li lasciano unire, combinare e separare con i sei organismi che li circondano, in un’armonica connessione che ineluttabilmente li lega.
La piscina, dove si trova l’artista in cima ad un polpo gigante, è l’apice della trasformazione, la fine del viaggio; la rinascita di una nuova essere che prende vita attraverso la stessa Agnes?, che si muove come in una danza, in questo nuovo ambiente marino attraverso un linguaggio fatto di movimenti sinuosi e suoni misteriosi.
Il suo corpo muta e soffre davanti gli occhi di tutti gli spettatori, Agnes? vive intrappolata in una duplice realtà: distruzione e costruzione allo stesso tempo, “bisogna distruggere parte di noi, per dar vita a nuove creature, gli ormoni infatti distruggono il mio corpo per dare vita ad una nuova me”.
L’aria all’interno della sala è in tumulto, è sommossa, agitata; l’intesa tra i corpi è fortissima, l’immagine, sconvolgente, la vitalità dominante, l’intensità ribaltante, ed il pubblico si perde tra le grida silenziose e i movimenti disarticolati della creatura che ha davanti. Lo spettatore, completamente assorbito ed incuriosito da questa nuova vita che sboccia e dimena all’interno del mondo marino, osservandola, segue il linguaggio di questa figura reale, che a nudo, si sta modificando in un’altra entità.
È proprio questo l’elemento di novità, l’innovazione artistica che Agnes? ha inteso trasmettere: far vivere direttamente questa creatura, ora per ora senza una sosta, quasi permettendo al visitatore di seguire la reale vita di questo enorme essere degli abissi, seguendone i movimenti fluidi, i gesti ed i suoni.
L’installazione sonora che ci accompagna durante il percorso, realizzata da Filippo Tosti, riflette i suoni emanati da questa creatura – fluidi d’acqua, siringhe, battiti cardiaci, movimenti intestinali – e guida lo spettatore all’interno del fluido habitat di corpi alieni sin genere; Erica Curci ha creato i costumi in lattice indossati dai cinque performer il cui tessuto ricorda la consistenza delle seppie; Magnus Westell ha ideato una coreografia nella quale i movimenti dei corpi di questa realtà transumana, attuano fluttuazioni disumane e prive di genere, sperimentando un nuovo utilizzo del corpo.
Con questa mostra, Agnes? crea non opere, ma concetti di vita. Lacera e frattura il consueto. Ricerca, all’interno delle sue installazioni e della sua performance, l’attesa del divenire, del mutamento, della transgenesi. Abbandona per la prima volta la ceramica per sperimentare ed interagire con materiali più morbidi come il lattice, la cera e la resina, materiali che rispecchiano la fluidità del suo nuovo modo di concepire la vita.
Aprendosi a questa nuova esistenza, a questi nuovi esperimenti Agnes? entra in una nuova misura, in una nuova realtà permeata dal mare, traumatizza il convenzionale e spinge il fruitore ad una riflessione che va oltre l’orizzonte comune, portandolo ad attivare lui stesso il meccanismo della transgenesi.
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