di Emilia Morelli
Un imprenditore seriale con il fiuto per gli affari, un talent scout, un investitore visionario, un filantropo: questo e molto altro è Paolo Barletta. Trentenne originario dei castelli Romani ha investito, otto anni fa, in Chiara Ferragni, in UFirst l’app salta fila tra le più scaricate ai tempi del Coronavirus, in Virgin Hyperloop per realizzare in Italia il treno a levitazione magnetica.
Il Sole 24 Ore, attraverso un’intervista, traccia un ritratto del giovane imprenditore che dimostra di avere un’intuizione per gli affari assolutamente fuori dal comune. Gli investimenti di Barletta vengono effettuati attraverso la sua società Alchimia, che ha all’attivo 18 partecipate, tra i soci Nicola Bulgari dal 2019, e al passivo un solo affare andato male. Alchimia nasce ufficialmente nel 2018 e vengono inseriti al suo interno alcuni investimenti fatti in precedenza dallo stesso Barletta a titolo personale (uFirst /Chiara Ferragni/ Virgin Hyperloop One, CUE) e da lì poi viene strutturato un team dedicato che continua l’espansione, con investimenti divisi tra Europa, Israele e Stati Uniti.
“Oggi conta su un team di 30 persone e non si limita ad investire in capitali – spiega Paolo Barletta- supporta le start up, crea sinergie, guarda al mercato e fa cogliere loro opportunità”. L’ ascesa dell’imprenditore è iniziata con l’incontro con Chiara Ferragni, la donna che avrebbe in seguito rivoluzionato la comunicazione nella moda capace di far amare a intere generazioni ciabatte e calzini bianchi, quando ancora non era nessuno se non una ragazza come tante amante della moda e degli shooting. Barletta ha investito su di lei, entrando in Serendipity – la società della Ferragni- con una quota del 40% del capitale. Del rapporto con la famosa influencer Barletta spiega: “Essere soci da otto anni è come un matrimonio. Al netto del valore economico, sono orgoglioso di aver investito in un trend di cambiamento importante. Abbiamo fatto un percorso insieme e abbiamo fatto scelte insieme. Sono convinto che ad ogni società serva avere dei partner che sappiano dire dei si ma anche dei no. Chiara ed io, poi, siamo coetanei e abbiamo un rapporto personale: le voglio bene come ad una sorella”.
Il rampante Barletta, però, ha una vita privata ben diversa da quella patinata che si sarebbe portati ad immaginare. Non ama la vita mondana e preferisce le passeggiate solitarie, conosce bene il valore dello stare bene da soli con se stessi e ne assapora i vantaggi. Probabilmente questa indole è stata modellata sull’infanzia vissuta in campagna, salvo poi trascorrere parte dell’adolescenza a Roma. Degli anni delle superiori Barletta ricorda: “Il primo periodo non è stato facile,non avevo amici. Dalla terza liceo linguistico sono diventato rappresentante d’istituto e poi nella Consulta provinciale degli studenti come consigliere generale più votato per due anni. L’ultimo anno del liceo seguivo progetti in Kenya di microcreditoo dalla teoria del premio Nobel Muhammad Yunus con una Ong e passavo i periodi delle vacanze nel Paese”.
E’ probabilmente quest’ultima esperienza a gettare il seme in relazione agli investimenti e alle capacità di amministrare e gestire le società. Conseguita la laurea, Paolo Barletta, lavora a Milano, finché dopo le prime esperienze lavorative non decide di rientrare a Roma per prendere le redini dell’azienda di famiglia. Il gruppo di famiglia, fondato nel 1953 dal padre Raffaele Barletta, era operante nel settore delle attività immobiliari prima in quello alberghiero poi. “Quando sono tornato nel 2011, l’ho fatto per affiancare papà nella riorganizzazione – racconta Paolo Barletta- Lui da una parte era contento, dall’altra non aveva mai dovuto interfacciarsi con qualcuno che non eseguiva pedissequamente ciò che lui diceva e che portava un punto di vista diverso. Con papà ho lavorato molto poco, solo 2 anni. Nel 2013 quando è venuto a mancare era tutto da costruire. Io sono diventato Ceo a 26 anni”.
Oggi il gruppo Barletta quasi non esiste più, tuttavia il turismo Made in Italy rappresenta un punto cardine degli investimenti dell’imprenditore. Nel 2020 Barletta fonda insieme con Nicola Bulgari “Arsenale” la società in cui sono confluiti due progetti imprenditoriali pregressi: Soho House Roma e Rosewood Venezia. L’interesse per il settore alberghiero, considerato da Barletta il petrolio del nostro paese, va ben oltre il semplice pernottamento: “La filiera deve essere completa : da come ci porti le persone, come mangiano e che tour fanno. In Italia ci siamo adagiati sulle bellezze naturali che abbiamo, ma se non evolviamo dal punto di vista dei servizi prima o poi rischiamo di perdere il turismo straniero. Con Arsenale vogliano accompagnare le grandi catene alberghiere nell’ingresso in Italia con 10-15 progetti nei prossimi dieci anni in siti iconici con gestori differenti”. Al fine di raggiungere gli obiettivi preposti Arsenale ha effettuato un investimento di 800 milioni di euro con più di 1200 persone assunte.
I progetti del giovane imprenditore sono sempre in itinere e una vision lungimirante è quella che accompagna il suo percorso professionale legato anche alla voluta spersonalizzazione delle società che fanno capo a lui. In proposito Barletta afferma. “Il mio più grande sogno è vedere la mia azienda indipendente, che possa vivere senza Paolo Barletta. La vera vittoria per gli imprenditori genitori è dare la libertà ai figli di entrare o meno in azienda , ma l’impresa deve sopravvivere comunque. In Italia è invece necessario che la seconda generazione entri nell’impresa di famiglia, perchè non ci sono i manager. Quello che sto cercando di fare è creare un gruppo indipendente da me. I miei figli se lo vorranno decideranno di entrare in un’azienda che non porta il mio nome”.
La nozione di imprenditore porta con sè il rischio d’impresa, logicamente chi più investe più ha prospettive di guadagni e allo stesso tempo si assume il rischio delle perdite. Lo sa bene Barletta che in relazione alle critiche per le sotto capitalizzazioni delle imprese risponde: “Ho messo tutto nella mia azienda, l’imprenditore deve essere il primo ad investire nella propria impresa se vuole che altri investitori e le banche credano nel progetto. Purtroppo però i rapporti con le banche sono cambiati e rischiano di non valorizzare certe scelte perché con le nuove procedure si decide in base a coefficienti: reputation e valore imprenditoriale non contano più come una volta. Per rilanciare le imprese italiane, però le banche devono tornare centrali e avere un ruolo nel dare fiducia alle aziende”.
Investimenti e capitali non sono però l’unico linguaggio con cui Barletta si esprime, anzi. Consapevole dell’importanza che ha la formazione dei giovani Paolo Barletta nel 2015 da vita alla prima edizione del Myllennium award, premio in memoria di suo papà. In proposito Barletta spiega: “Quando è morto papà volevo fare qualcosa da lasciare in sua memoria. Ho pensato ad un premio che desse un’opportunità ai giovani in diversi ambiti, dalla musica, allo sport e alle start up. Premiamo il merito con capitali che possano aiutare a sviluppare i talenti e le idee perchè è importante remunerare il merito. I giovani capiscono così che il loro lavoro può farli crescere”.
Il breve quadro tracciato su una personalità ed un professionista che sicuramente nasconde molte altre sfaccettature non può comunque prescindere dall’importante ruolo che per Paolo Barletta riveste la fede in Dio. “Ognuno ha i suoi punti di forza, io credo che il mio punto di forza sia la fede. Un imprenditore è solo al comando e io senza il mio papà sono più solo di altri. Grazie al Signore mi sento meno solo”, conclude Paolo Barletta.
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