Alla fine di uno spoglio estenuante, non degno di una potenza digitale come gli Usa, la spunta Joe Biden, con un Trump depresso e chiuso in un minaccioso silenzio. Ma la vera vincitrice è Kamala Harris, prima donna nera asiatica e giamaicana a diventare Vicepresidente
di Guido Talarico
Non è Joe Biden e tantomeno Donald Trump. La vera vincitrice delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti 2020 è Kamala Harris. Ricorsi o non ricorsi del depresso e minaccioso Donald, alla fine Biden sarà il quarantaseiesimo presidente eletto degli Stati Uniti. Ma non vi è dubbio che la vincitrice di questa tornata elettorale, caratterizzata da uno spoglio non degno di una potenza digitale quali sono gli Usa, è la indo-giamaicana Kamala, che per ora si deve accontentare di essere la prima Vicepresidente nera nella storia della grande democrazia nord americana ma che tra non molto, c’è da scommetterci, diventerà la star dei democratici e la prossima presidente.
Questa previsione, già condivisa da più di un osservatore, si basa su un fattore evidente e uno meno apparente. Biden il prossimo 20 novembre compirà 78 anni, il che lo fa essere il più vecchio presidente eletto del suo paese. Anche la sua forma fisica generale non è apparsa un granché. Va detto che il Covid ha reso tutti un po’ più cauti e che alla fine Joe ha concluso con un bilancio nel migliore dei modi lo sforzo elettorale. Ma il suo incedere, talvolta anche il suo parlare, la sua reattività descrivono un uomo che avverte tutti gli anni che ha addosso e soprattutto tutte le fatiche di una vita intensa e segnata da grandi dolori come la perdita della prima moglie Neila e della figlia Naomi, di soli 13 mesi, morte in un misterioso incidente stradale nel quale rimasero coinvolti anche i due figli maschi Beau e Hunter, rimasti illesi. Quel Beau che poi morì di un tumore al cervello a soli 46 anni. Dopo quella tragedia, Biden si è poi risposato e ha avuto una seconda figlia, ma tutta la sua vita è stata duramente segnata da queste terribili perdite familiari.
LA VECCHIAIA DI JOE LA VITALITA’ DI KAMALA
I dolori, l’età avanzata, ma anche la stanchezza. Fare il Presidente degli Stati Uniti è un lavoro duro, che richiede anche una certa tempra fisica. Non è un caso che tutti i presidenti americani, tranne Reagan e lo stesso Trump, entrambi eletti più che settantenni, siano stati mediamente tutti molto più giovani di Joe. Per altro aiuta ricordare come sia prassi nelle grandi multinazionali americane mandare in pensione tutto il top management in una età compresa tra i 55 e i 60 anni. E fare il presidente è più duro e stancante che fare il top manager. Insomma il fattore età regala alla storia un quarantaseiesimo presidente provato e, di fatto, già avviato sul viale del tramonto.
Di contro Kamala Harris tracima vitalità. E’ una donna nel pieno dei suoi anni che affronta questa vicepresidenza con il favore dei predestinati. Avrà prima il tempo (mesi? anni? chi può dirlo) di capire dove stanno i barattoli di marmellata nelle stanze del potere di Washington, di studiare e capire come si fa a fare bene il presidente, poi di prepararsi al grande salto. La vecchiaia di Biden è dunque certamente un primo fattore, ma ve ne è un secondo non meno importante: la struttura di questa donna. Harris, che ha 56 anni, è una giurista molto competente e molto determinata. Un mix che fa di lei una donna legittimamente ambiziosa.
CURRICULUM, GRINTA E AMBIZIONE
Il suo Cv è stellare, la sua vicenda personale è coerente e conseguente. Di bella presenza, che non guasta mai, da asiatica e giamaicana Kamala è uno splendido simbolo di quel “Melting Pot” teorizzato all’inizio del secolo scorso da Israel Zanguill per descrivere l’America multietinica e multiculturale oggi pienamente realizzata. Dotata di una eloquenza colta, raffinata ma anche diretta e all’abbisogna informale, la sua formazione giuridica non è quella tipica dei WASP, cioè dei bianchi anglosassoni protestanti, tutta Harvard e Princeton.
No Kamala non è stata una studentessa privilegiata da Ivy League. Ma la sua bella laurea in giurisprudenza all’Howard Univesity e poi la specializzazione all’Hastings College of the Law di San Francisco li ha saputi comunque mettere bene a frutto. La sua carriera di magistrato è infatti rimarchevole, contrappuntata da successi che l’hanno portata ad essere la prima donna e la prima nera asioamericana a diventare Procuratrice Generale della California. Da lì un’altra battaglia e un altro successo: nel 2016 diventa senatrice. Il perfetto salto verso la politica.
Da quello scranno se la porta via Joe Biden, che l’intuito l’ha sempre avuto e che così la ha assoldata come candidata Vicepresidente, nella sfida a Trump e Pence. Una scelta decisamente vincente. Anzi la scelta più azzeccata che poteva fare per vincere la gara presidenziale. Per tutte queste ragioni Kamala Harris è la vera vincitrice delle presidenziali. In realtà da subito lei sarà una sorta di presidente facente funzioni. Lei è più preparata, più brillante e più carica del suo capo. E lo farà vedere.
Lunga vita a Joe Biden, auguri e complimenti per il suo mandato. E’ un politico capace, specchiato, tradiizonale che ha fatto la sua parte con l’intelligenza della politica antica: quella fatta si serietà, concretezza e di piccoli passi. Ha vinto una battaglia durissima contro una avversario rissoso, irrefrenabile, non di rado scorretto e ha preso quella carica che tempesta con la pietra più brillante una carriera politica già contrappuntata da tante pietre preziose. Onore a lui. Ma chiavi della Casa Bianca sono già in mano di Kamala.
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