Il mondo sta affrontando la prima epidemia dell’era social. E come spesso succede in questa era digitale non mancano le sorprese. Accade così che nell’epidemia da Coronavirus la piccola Eritrea si trova al pari degli opulenti Stati Uniti. Ma andiamo con ordine e vediamo come il New York Times abbia ricostruito questa incredibile vicenda.
Nonostante da tempo molti esperti e filantropi preannunciassero che la quasi totalità dei paesi non fosse pronta a fare fronte a crisi di questo genere – scrive il prestigioso quotidiano americano – nessun governo di fatto ha preso le precauzioni adeguate a gestire tali minacce. La pandemia da Coronavirus, come stiamo vedendo, ha infatti colto di sorpresa quasi tutti.
Ma per l’appunto vi sono delle eccezioni. Esistono infatti sei paesi, tre dei quali considerati ricchi e tre poveri, che erano già pronti ad affrontare epidemie di questa portata. Di fatti, Finlandia, Arabia Saudita, Stati Uniti, per il lato ricco, Eritrea, Pakistan e Tanzania, per il lato povero, sono riuscite a creare con anticipo dei fondi monetari per gestire l’eventualità di una crisi sanitaria. I tre paesi “ricchi” ne hanno addirittura creato uno per far fronte ad un’epidemia animale, un’eventualità ancor più drammatica perché avrebbe reso l’accesso a prodotti derivati dagli animali più difficili e certamente più cari.
Sembra incredibile che tre paesi con economia molto debole siano riuscite a sedere al tavolo con i miliardari americani e sauditi e con i previdentissimi finlandesi. Eppure é così. Questa storia dimostra quindi come la politica migliore non sempre è una questione di risorse economiche ma di visione e lungimiranza e soprattutto di attenzione ai problemi reali della gente. Soltanto così si spiega come i governi di Eritrea, Pakistan e Tanzania abbiano per tempo potuto strutturarsi per affrontare con efficacia i rischi pandemici
Bisogna anche però osservare come per fortuna non solo alcuni governi si siano interessati a prendere tali precauzioni, ma hanno fatto altrettanto anche organizzazioni mondiali, come ad esempio la Banca Mondiale. Di fatti, grazie al lavoro del dottor Jim Yong Kim, dal 1987 esiste “Partners in Health”, un fondo d’emergenza stanziato proprio dalla Banca Mondiale che fornisce assistenza medica a paesi toccati da crisi mediche. Questo fondo, che spesso si è dimostrato vitale, viene sostenuto al 60% dagli Stati Uniti, al 13% dalla Gran Bretagna, al 10% dalla Bill and Melinda Gates Foundation, ed il resto da Canada, Giappone, Australia, Corea del Sud e Norvegia.
(Associated Medias)